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    SMPTE - Sezione Italiana             BOLLETTINO 74               Gennaio 2007 |
EDITORIALE Uno spettro si aggira per il mondo della comunicazione, il "common format". L’esigenza di disporre di un formato comune digitale di elevata qualita' con cui produrre i programmi audiovisivi si sta sempre piu' evidenziando nel mondo delle societa' di produzione e dei broadcasters. Il rapido sviluppo delle tecnologie video ed audio, che offrono prodotti sempre piu' evoluti sul piano della qualita' sia nel campo dell’acquisizione che della registrazione, sta mettendo gradualmente in soffitta i formati video tradizionali fino ad oggi impiegati, minacciando cosi' la commerciabilita' dei programmi audiovisivi con essi realizzati. I produttori di audiovisivi, preoccupati di una loro obsolescenza tecnologica, e quindi qualitativa, hanno sempre guardato al film in 35mm come al supporto piu' sicuro per affidarvi il futuro di quei prodotti, fiction o eventi teatrali o sportivi, per i quali essi auspicavano una lunga vita commerciale. I costosi restauri di film famosi, come "Via col vento" o "Laurence d’Arabia", dimostrano tale attenzione. Anche se la televisione in alta definizione (HDTV) terrestre sta ancora marcando il passo per le note difficolta' di canalizzazione, la messa in servizio di canali satellitari o di supporti di registrazione in alta definizione offre gia' al pubblico la possibilita' di fruire di programmi audiovisivi riprodotti con elevata qualita' su grandi schermi ad alta definizione e su diffusori audio di alte prestazioni. Tali impianti di riproduzione, ormai a portata dei consumatori, oltre che valorizzare la qualita' dei programmi ad alta definizione, mettono al tempo stesso in luce le inadeguatezze qualitative dei programmi che, seppur digitali, vengono ancora prodotti a definizione standard (la cosiddetta SDTV, Standard Definition Television), per non parlare di quelli prodotti un tempo con tecniche analogiche e presenti pur sempre negli archivi di broadcaster e produttori. In altre parole, i grandi schermi HD-ready (con risoluzione 1280x720 pixel) o meglio Full-HD (con risoluzione 1920x1080 pixel) offrono allo spettatore l’evidenza della superiore qualita' di programmi prodotti in HD, mettendo di contro in luce le carenze sui dettagli fini dei programmi SD. Tale evoluzione nei gusti del pubblico sta sempre più assillando produttori e broadcasters, preoccupati della minore vendibilita' dei prodotti SD o peggio analogici (PAL o NTSC) disponibili nei loro archivi. Tutto cio' sta seriamente minacciando il futuro commerciale di tali prodotti, escludendo solo quelli di rilevante interesse storico. In tale generale naufragio si salvano solo, come già detto, i programmi audiovisivi prodotti su pellicola a 35mm, grazie alla elevata definizione d’immagine che li caratterizza. Ed e' proprio con tale formato che i produttori avveduti hanno realizzato in passato quei programmi destinati ad una lunga vita commerciale. Il film a 35mm ha quindi rappresentato, fino a ieri, il "formato comune" col quale commercializzare i prodotti audiovisivi di maggiore importanza. Ma gli elevati costi imposti dalle tecnologie basate sulla pellicola cinematografica e, di contro, le crescenti possibilita' operative ed i minori costi offerti dai mezzi di produzione digitali in alta definizione, hanno definitivamente convinto produttori e broadcaster a puntare per il futuro sull’audiovisivo digitale in alta definizione. La profezia di Takashi Fuijo, direttore dei laboratori di ricerca della NHK, l’ente televisivo pubblico giapponese, anche se basata nel lontano 1968 su un video ancora analogico, si e' finalmente realizzata: il video e' sufficientemente maturo per sostituirsi alla pellicola. Si tratta pero' ora di definire un formato, o una serie di formati, che possa essere accettato come "common format" sui mercati audiovisivi internazionali. Ed e' proprio qui che esistono ancora forti perplessita': gli standard digitali esistono gia', proposti sia dal mondo televisivo (ITU, International Telecommunication Union), sia da quello cinematografico (DCI, Digital Cinema Initiatives, consorzio formato dalle major di Hollywood), interessato allo sviluppo di un Cinema Digitale. Proprio l’operativita' di alcuni di tali standard e' ancora problematica, a causa degli elevatissimi flussi di dati (bit-rate) che le immagini ad elevata definizione impongono. I formati in alta definizione HD proposti dall’UIT, tutti con immagine widescreen 16:9 e raggruppati sotto la dizione "Large Screen Digital Imagery" (LSDI), sono il 720p (1280 pixel per riga, 720 righe attive esplorate in modo progressivo), il 1080i (1920 pixel per riga, 1080 righe attive esplorate in modo interallacciato), entrambi gia' operativi con bit-rate di circa 1,5 Gb/s (segnale non compresso), ed il recentissimo 1080p (1920 pixel per riga, 1080 righe attive esplorate in modo progressivo) che pero' comporta un bit-rate doppio (3,0 Gb/s) e è quindi ancora alquanto problematico sul piano operativo. Tutti questi formati sono proposti con sequenza d’immagine a 60Hz (regione americana), 50Hz (regione europea) e 24Hz o 25 Hz (cinema digitale). I formati proposti dal DCI per il Cinema Digitale riguardano invece un "contenitore d’immagine" di formato d’immagine 1,89:1 , in grado di ospitare i due tipici formati cinematografici 1,85:1 (widescreen) e 2,39:1 (super-widescreen) con sequenza d’immagine a 24Hz. Tale contenitore e' proposto a due diversi livelli di definizione: 2K (2048 pixel per riga, 1080 righe attive); 4K (4096 pixel per riga, 2160 righe attive), entrambi con esplorazione progressiva. E’ chiaro che tali specifiche comportano bit-rate ancora più elevati di quelli dei formati ITU, peraltro raggiungibili oggi solo con apparati prototipali. In prospettiva saranno questi gli standard che, su tempi lunghi, verranno impiegati come "common format", potendosi da essi ricavare, scalando verso il basso (down-scalimg), i formati digitali a minor definizione richiesti dal mercato (HDTV, SDTV). Di fronte a tale situazione, i programmi audiovisivi per i quali si richiede una lunga vita commerciale vengono oggi prodotti con gli standard HD 720p o 1080i, mentre ci si prepara a passare, appena possibile operativamente, allo standard 1080p, destinato a diventare il vero "common format" per il mondo televisivo. In questo senso si stanno indirizzando sia l’aperto sostegno manifestato nello scorso maggio dalla EBU (European Broadcasting Union) in favore del formato 1080p, sia la decisione presa dalla BBC all’inizio del 2006 di attuare i necessari rinnovi dei suoi impianti solo con apparati in HD, sia l’accordo recentemente stipulato fra RAI e Teatro alla Scala per l’acquisizione in HD dei relativi programmi teatrali.
ATTIVITA’ DELLA SMPTE ITALIAN SECTION
4th SMPTE FORUM VENICE Proseguiamo la pubblicazione delle sinossi delle principali relazioni presentate alla 4ª edizione del SMPTE Digital Cinema Forum, tenutasi a Venezia lo scorso 6 settembre nel Palazzo del Cinema, in occasione della 63ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica ed in collaborazione con la Biennale di Venezia. Negli scorsi Bollettini abbiamo pubblicato quelle di John Graham, SegretarioGenerale del EDCF (European Digital Cinema Forum) e di Naohisa Ohta, Ph.D. e docente della Keio University (Giappone) presso il DMC (Research Institute for Digital Media and Content). Pubblichiamo ora la relazione presentata da Matt Cowan, Chief Scientific Officer della REAL D e Chairman del. Working Group sul Cinema Digitale stereoscopico operante nel Technology Committee DC28 della SMPTE.Matt Cowan ha fatto la storia della stereoscopia cinematografica partendo dai primi sistemi di visione anaglifica, attuata con la sovrapposizione di due immagini che rappresentano il punto di vista dei due occhi dell'osservatore della scena. Per attuare la visione stereoscopica occorreva impiegare occhiali con filtri di colori diversi che assegnavano a ciascun occhio una specifica porzione dello spettro (Fig. 1). L’effetto stereoscopico era approssimativo e con scarsa fedelta' cromatica. Oggi si impiegano sistemi molto piu' evoluti. Il sistema a lenti passive, con polarizzazione circolare di verso opposto per i due occhi, (Fig. 2) impiega un solo proiettore DLP munito di un filtro polarizzatore circolare (Z screen) a commutazione (triple flash: 3 volte per fotogramma) e di lampada di maggior potenza per compensare le perdite; le lenti costano pochi dollari; la resa del movimento e' ottima. In alternativa si impiegano due proiettori muniti di filtri polarizzatori diversi, vedendo l’immagine attraverso lenti passive polarizzate linearmente o circolarmente (Fig. 3); il sistema presenta una maggior efficienza luminosa. Il sistema a lenti attive (Fig.4) effettua invece su di esse la commutazione della polarizzazione; presenta una maggior efficienza luminosa ma un costo piu' elevato per le lenti. Alla conferenza e' seguita una dimostrazione pratica di tali sistemi. IPTV END-TO-END - SMPTE Digital Content Connection and VSF VidTrans 2007 Joint Conference SMPTE – Bollettino della Sezione Italia c/o Franco Visintin e-mail : franco.visintin@smpte.it SMPTE website : http://www.smpte.org SMPTE-Italy website: http://www.smpte.it |
Fig.1, sistema stereoscopico a proiezione anaglifica | ||
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Fig.2, sistema stereoscopico a lenti passive con un solo proiettore | ||
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Fig.3, sistema stereoscopico a lenti passive con due Proiettori | ||
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Fig.4, sistema stereoscopico a lenti attive | ||
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Fig.5, logo della conferenza SMPTE-VSF | ||
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